Gaeta
Gaeta – Le origini del nome di Gaeta (in latino: Caiēta, in greco Kaièta, Καϊέτα) sono tuttora avvolte nella leggenda:
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- Strabone non parla della città ma solo del golfo, detto “Καιάτα” (Kaiata), nome che deriverebbe dal termine “καϊέτα” (caieta) usato dai Laconi per indicare ogni cosa cava, con chiaro riferimento all’ampia insenatura del golfo stesso; lo stesso autore riporta però che altri fanno derivare il nome da quello della nutrice di Enea;[4]
- Diodoro Siculo collegò il territorio gaetano al mito degli Argonauti facendo derivare il nome della città da Aietes, mitico padre di Medea (nipote di Circe), la mag
- a innamorata di Giasone.[5]
- Virgilio, nell’Eneide[6] trovò la sua origine nel nome della nutrice di Enea, Caieta, sepolta dall’eroe troiano in quel sito durante il suo viaggio verso le coste laziali. Dante Alighieri, quasi a significare la storicità dell’Eneide, confermò l’avvenimento.[7]
- Altre fonti prendono il nome di Gaeta da Aiete, figlio del dio sole Elio, il cui soprannome è “L’Aquila“; egli sarebbe il fratello della nota Maga Circe. Questo appellativo le sarebbe stato dato per l’insolita struttura geografica della città che ricorda appunto la testa di questo famoso rapace.[5]
Storia antica
I primi insediamenti nel territorio di Gaeta risalgono al IX-X secolo a.C. Successivamente, tutta l’area costiera del golfo fu parte integrante della regione popolata dagli antichi Aurunci, stanziati tra il fiume Liri, il Volturno e la zona del vulcano di Roccamonfina. Solo nel 345 a.C. il territorio di Gaeta finì sotto l’influenza di Roma.
Durante il periodo romano Gaeta divenne un luogo di villeggiatura molto rinomato, frequentato da imperatori, ricchi patrizi, consoli e famosi senatori dell’epoca. A favorire la loro venuta fu anche la costruzione di una nuova strada romana, la Via Flacca, più breve rispetto all’Appia. Il territorio gaetano, al confine tra Lazio e Campania, era situato in epoca preimperiale all’interno di quell’area geografica denominata Latium adjectum (Latium Novum). Tale nome era riferito ai territori “aggiunti” al Latium vetus (Latium antiquum) in seguito alle prime conquiste di Roma verso Sud, con la conseguente scomparsa di altri popoli preromani (Volsci, Equi, Ernici e Ausoni-Aurunci). Ormai già con Augusto e la sua riforma amministrativa, i territori di Gaeta ricadevano nella regione unica formata dal Latium vetus e dal Latium adjectum che i romani chiamavano con il nome Latium. Il Latium terminava perlopiù lungo l’attuale confine con la Campania delineato dal fiume Liri-Garigliano, risultando amministrativamente unito alla stessa Campania attraverso la Regio I Latium et Campania, una delle undici regioni dell’Italia augustea.
Del periodo romano restano visibili molte vestigia, come il Mausoleo che sorge sulla sommità di Monte Orlando di Lucio Munazio Planco, console romano, prefetto dell’Urbe, generale sia di Giulio Cesare (attraversò con lui il fiume Rubicone, fu al suo fianco nelle campagne galliche) che di Marco Antonio e Ottaviano detto Augusto.
Medioevo
Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente iniziò un periodo buio di transizione, caratterizzato da continui saccheggi prima da parte delle popolazioni barbariche e in seguito dai Saraceni. Proprio per la sua caratteristica posizione su di una penisola naturale, facilmente difendibile, Gaeta si trasformò gradualmente in un castrum: la città fu fortificata con cinte murarie e sulla zona alta dell’antico borgo medioevale sorse il castello a difesa dell’abitato; allo stesso tempo le popolazioni delle zone limitrofe si trasferirono all’interno delle mura per trovare ospitalità, rifugio e protezione.
Le prime notizie del castello risalgono al VI secolo nella guerra contro i Goti, nel X secolo se ne fa cenno all’interno delle carte del Codex diplomaticus cajetanus, ma notizie certe della sua esistenza si hanno solo nel XII secolo.
La prima importante documentazione sull’esistenza di una flotta gaetana risale all’anno 812, allorquando il patrizio bizantino Gregorio, governatore della Sicilia, incalzato dalla minaccia Araba, fu costretto a chiedere aiuto al duca di Napoli e agli altri ducati campani. Alle sollecitazioni di Gregorio risposero Gaeta e Amalfi che, con le loro navi (unite a quelle di Costantinopoli), sconfissero la flotta araba al largo di Lampedusa nel corso della storica battaglia di Lampedusa.
Già nel IX secolo Gaeta si rese autonoma dall’autorità imperiale bizantina e nell’anno 839 la carica di Ipato venne assunta da Costantino I, figlio del conte Anatolio (capostipite della famiglia Caetani) e di fatto primo sovrano di Gaeta riconosciuto. Il Ducato di Gaeta conquistò gradualmente la sua indipendenza e restò in vita per oltre due secoli, nel corso dei quali Gaeta ebbe una propria solidità militare, un’autonomia politica, un’autonomia giurisdizionale, dei propri istituti giuridici civici, una propria moneta (il “follaro”) e un considerevole sviluppo economico attraverso i traffici commerciali marittimi.
Nel periodo che va dall’839 al 1140 Gaeta può essere considerata a pieno titolo anche una Repubblica Marinara[8][9][10]. I gaetani difesero le loro libertà e l’indipendenza del ducato attuando una saggia e talvolta spregiudicata azione politica e militare. Risultarono in tal senso rilevanti le alleanze stipulate con i principali Stati autonomi del meridione d’Italia per combattere le continue scorrerie saracene, ma anche i patti stipulati con gli stessi musulmani per la difesa del ducato dalle mire espansionistiche del papato. Particolarmente significativa l’alleanza che portò alla costituzione della Lega Campana, di cui si fece principale promotore Papa Leone IV per la difesa di Roma. Nell’estate dell’849 la Lega Campana fu protagonista della Battaglia di Ostia, immortalata con un celebre affresco da Raffaello nelle stanze vaticane (Raffaello Battaglia di Ostia). Una flotta costituita dalle navi delle repubbliche marinare di Amalfi, Gaeta, Napoli e Sorrento, sotto la guida del console Cesario di Napoli, sbaragliò i saraceni che si apprestavano a sbarcare presso Ostia con l’intento di operare l’invasione e la distruzione di Roma. Successivamente, nel 915, il duca di GaetaGiovanni I contribuì alla costituzione della Lega Cristiana che sconfisse i saraceni nella battaglia del Garigliano, altro importante episodio bellico, la cui conclusione fu determinante per eliminare in modo definitivo la presenza araba nel Centro Italia.
Il ducato di Gaeta restò pienamente indipendente fino all’inizio del XII secolo, quando il duca Riccardo III fu deposto dal Principe di Capua, dopo l’invasione della città del 1140, ad opera di Ruggero II di Sicilia della dinastia degli Altavilla. Quest’ultimo fu comunque assai benevolo nei confronti di Gaeta lasciandole numerosi privilegi, a partire da una moneta propria e da una significativa autonomia politica, tanto da permetterle di preservare, al pari di Amalfi, l’antico e glorioso carattere di repubblica marinara. Con Ruggero II nacque quello che per i successivi sette secoli sarà, tranne il periodo del vicereame spagnolo (1504-1707) e della dominazione austriaca (1707-1734), un regno unitario, indipendente e sovrano, l’unico in tutta Europa a conservare integralmente per così lungo tempo i suoi limiti territoriali, con Gaeta a fungere in più occasioni da capitale “de facto” e strategica città di confine con lo Stato della Chiesa.
Durante il governo della dinastia di origine Sveva, Gaeta vide particolarmente rafforzata la sua funzione di “chiave di accesso” al regno. Federico II di Svevia venne in diverse occasioni a Gaeta e, durante le lotte tra guelfi e ghibellini, creò delle fortificazioni per difendere meglio i confini: nel 1223 fece costruire quelle per il castello di Gaeta (che quindi era già esistente all’epoca).
Durante il governo delle dinastie di origine Angioina e Angioina-Durazzesca (1266-1442) la città continuò a ricoprire un ruolo rilevante nello scenario politico e militare del regno. Dal 1378 fu per qualche anno la residenza dell’antipapa Clemente VII, alleato della Regina Giovanna I. Dal 1387 vi si stabilì, temporaneamente in esilio, l’erede al trono Ladislao dei d’Angiò-Durazzo, che celebrò in città, il 21 settembre 1389, le sue nozze con Costanza di Chiaramonte, figlia del Conte di Modica e Vicario del Regno di Sicilia, Manfredi III Chiaramonte. Salito successivamente al trono, Re Ladislao fu particolarmente riconoscente nei confronti di Gaeta concedendole ulteriori e importanti privilegi tesi a rafforzare la sua autonomia. Anche la futura Regina Giovanna II, sorella di Ladislao, soggiornò per molto tempo a Gaeta, dove scelse di farsi incoronare nel 1419.
Dal 1435 Alfonso V d’Aragona fece di Gaeta la base per la conquista del trono di Napoli a discapito di Renato, ultimo sovrano della dinastia Angioina a regnare nel Meridione d’Italia, sconfitto definitivamente nel 1442. Fu con l’arrivo della dinastia Aragonese che alcuni influenti personaggi locali, passati in disgrazia, vennero costretti ad abbandonare Gaeta, tra cui Giovanni Caboto, che si rifugiò a Venezia nel 1461, prendendone la cittadinanza 15 anni dopo. Durante questo periodo la città fu munita di un nuovo castello, il cosiddetto “Alfonsino”, adibito a reggia, mentre il vecchio (chiamato “Angioino”) fu ampliato e unito al nuovo. Per tutta la seconda metà del secolo XV la città fu governata dalla dinastia aragonese; fra le varie importanti personalità succedutesi al governo della piazzaforte spicca nel 1501 il Barone Diomede de Gemmis di Castel Foce, cognato del futuro governatore di Milano Andrea Caiano e membro di un casato derivante da un’antica famiglia patrizia romana trapiantata nel Regno di Napoli.
I sovrani aragonesi, al pari dei predecessori, capirono quanto fosse strategicamente rilevante il possesso di Gaeta per la difesa del regno, per cui vollero ulteriormente fortificarla con l’aggiunta di due nuove cinte murarie (oggi scomparse). Gaeta subì ben quattordici assedi che coincisero con importanti e spesso cruciali avvenimenti storici, a partire dalla sconfitta del Ducato di Gaeta (con annessione al Regno di Sicilia) fino all’ultimo assedio, decisivo per i destini del Regno delle Due Sicilie, quello tenuto nel 1860-’61 dalle truppe del generale Enrico Cialdini (che sarà poi nominato duca di Gaeta) e dopo il quale si ebbe la proclamazione del Regno d’Italia.
Storia moderna
Con la dominazione spagnola, iniziata nel 1504, lo Stato unitario del Sud Italia, nato nel 1140 in seguito alle conquiste di re Ruggero II, perse per la prima volta la sua indipendenza divenendo un vicereame, ciononostante il ruolo di “piazzaforte” di Gaeta fu ancor più accentuato e la città fu dotata su ordine di Carlo V di nuovissime fortificazioni bastionate, alle pendici del Monte Orlando, aggiornate contro le ultime e più potenti armi da fuoco.
Nel 1571 si radunò nel porto di Gaeta la flotta pontificia che, al comando dell’ammiraglio Marcantonio Colonna, salpò il 24 giugno 1571 per unirsi al resto della flotta cristiana, comandata da don Giovanni d’Austria, per combattere i saraceni. Il comandante della flotta pontificia aveva ricevuto il 20 giugno 1571 dal Papa San Pio V lo Stendardo di Lepanto, realizzato in seta, che doveva essere issato sulla nave ammiraglia pontificia.
L’ammiraglio Colonna, nella Cattedrale di Gaeta, davanti alle reliquie di Sant’Erasmo, protettore dei marinai e veneratissimo patrono della città, fece voto che se avesse vinto avrebbe donato lo Stendardo di Lepanto alla stessa Cattedrale e lo avrebbe posto ai piedi del santo. La battaglia navale tra la flotta della “Lega Santa” e la flotta dell’Impero ottomano ebbe luogo il 7 ottobre 1571 a Lepanto e fu vinta dalle forze cristiane. Al suo ritorno in Gaeta Marcantonio Colonna mantenne fede al giuramento fatto e oggi lo stendardo è esposto nel museo diocesano.
Nel 1734 Gaeta fu conquistata da Carlo III di Borbone, fondatore del ramo napoletano della dinastia dei Borbone. Con Carlo III il Regno di Napoli riconquistò dopo 230 anni la sua indipendenza tornando ad essere lo Stato-Nazione più esteso e importante della penisola.
Il 25 novembre 1848 il papa Pio IX si rifugiò a Gaeta, ospite di re Ferdinando II di Borbone, in seguito alla proclamazione della Repubblica Romana ad opera di Giuseppe Mazzini, e vi rimase fino al 4 settembre 1849, periodo durante il quale Gaeta fu sede istituzionale e capitale “de facto” dello Stato della Chiesa, rappresentando il massimo centro di riferimento politico-religioso di tutto il mondo della cristianità. E fu proprio durante questo soggiorno che papa Pio IX, secondo la tradizione illuminato dallo Spirito Santo durante le sue preghiere presso la Cappella d’Oro, decise di scrivere l’enciclica Ubi Primum con cui interrogava l’Episcopato cattolico sulla opportunità di proclamare il Dogma dell’Immacolata Concezione, cosa che avvenne al suo ritorno a Roma.
Il 13 febbraio 1861 Francesco II di Borbone si arrese a Gaeta, ultimo baluardo del suo regno, capitolando, dopo 102 giorni di bombardamenti, all’assedio delle truppe sabaude del generale Enrico Cialdini (assedio di Gaeta 1860-1861): cessò così di esistere il Regno delle Due Sicilie.
Il Borgo di Gaeta, frazione di Gaeta fuori le mura, con Regio Decreto del 15 marzo 1897, diventò comune autonomo sotto la spinta decisiva di una sua ristretta ma influente cerchia di esponenti liberali. Prese il nome di “Comune di Elena” in onore dell’allora principessa Elena, futura regina d’Italia. Trenta anni dopo, esattamente con Regio Decreto del 17 febbraio 1927, i Comuni di Gaeta e di Elena vennero nuovamente uniti sotto il nome Gaeta. Il Borgo si identifico’ quindi come rione Porto Salvo, mentre la parte della città fortificata come rione Sant’Erasmo.
Sempre nel corso del 1927, precisamente il 6 febbraio, Gaeta perse l’antica e famosa qualifica di piazzaforte per diventare un’importante base della Marina Militare italiana, più in particolare il suo porto ando’ a costituire la principale base navale del Mar Tirreno insieme al porto di La Spezia.
La Città di Gaeta era parte importante dell’antica provincia di Terra di Lavoro del Regno delle Due Sicilie, rappresentandone uno dei cinque capoluoghi di distretto fino al 1860 e poi di circondario fino al 1927 (insieme a Caserta, Sora, Nola e Piedimonte d’Alife). Quando il regime fascista nel 1927 riorganizzò gli ambiti amministrativi territoriali italiani, volendo quel regime abolire i circondari e sopprimere la provincia di Terra di Lavoro, incorporò Gaeta nel Lazio nella provincia di Roma, dopodiche’, nel 1934, nella nascente provincia di Littoria (poi chiamata Latina).
Monumenti e luoghi d’interesse
Edifici religiosi
Cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano
La cattedrale di Gaeta venne edificata nell’XI secolo su di una preesistente chiesa dedicata a Santa Maria del Parco del VII secolo, e fu consacrata da papa Pasquale II nel 1106. Dopo il disastroso terremoto del 1231, fu ricostruita in stile gotico con una struttura a sette navate, per poi esser restaurata in stile neoclassico da Pietro Paolo Ferrara alla fine del XVIII secolo; in tale occasione, lo spazio interno venne ridotto a tre navate con cappelle laterali, tramite la realizzazione di sovrastrutture.[11]
La facciata neogotica del 1903 si affaccia sull’angusta via del Duomo; in mattoncini con decorazioni in pietra chiara, presenta sulla sommità la statua in ghisa dell’Immacolata. Dal pronao, dove si trovano le statue dei due santi patroni Erasmo e Marciano, si accede, tramite il portale, alla navata centrale, coperta col volta a botte cassettonata e illuminata da finestre a lunetta. Lungo le due navate laterali si aprono quattro cappelle per lato contenenti altari barocchi in marmi policromi, alcuni dei quali provengono da chiese di Gaeta attualmente sconsacrate.[11]
L’abside è stato costruito nel XVII secolo su progetto di Dionisio Lazzari, ed è sopraelevato rispetto al resto della chiesa per la presenza del sottostante succorpo, a navata unica, riccamente decorato con affreschi e marmi, ideato come custodia delle reliquie di diversi santi. In fondo all’abside rettangolare, si trova l’altare barocco in marmi policromi, anch’esso del Lazzari, sormontato dalla pala di Giovanni Filippo Criscuolo raffigurante Madonna col Bambino con San Michele Arcangelo attorniato da una corte di sei angeli (metà del XVI secolo), posta dove originariamente trovava luogo lo Stendardo di Lepanto. Nel presbiterio, è custodito il pregevole candelabro del cero pasquale, del XIII secolo, con Storie della vita di Cristo e di Sant’Erasmo.[12]
Alle spalle della chiesa, dove si trovava l’entrata della prima chiesa, si trova il campanile; risalente al XII secolo, è opera di Nicola (o Niccolò) dell’Angelo, che operò anche nella concattedrale di Sutri e nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. La possente mole, in stile romanico con influssi arabo-normanni, è costituita da tre piani con bifore, sormontati dal cupolino ottagonale. All’interno della strombatura posta alla base della torre, ci sono dei sarcofagi di epoca romana e due bassorilievi marmorei raffiguranti la storia di Giona e il pistrice. Il campanile della cattedrale di Gaeta, insieme a quello di Amalfi con cui ha notevoli analogie, rappresenta un eccellente esempio di arte medievale dell’Italia centro meridionale.[13]
Santuario della Santissima Annunziata
La chiesa della Santissima Annunziata venne costruita tra il 2 maggio 1321 e il 1352 (anno in cui venne consacrata) alle porte dell’antica città di Gaeta, lungo l’unica via d’accesso al centro abitato, come luogo di culto annesso all’omonimo stabilimento ospedaliero. Nel XVII secolo, la chiesa gotica venne radicalmente restaurata in stile barocco su progetto di tre esponenti della famiglia Lazzari: Andrea curò la realizzazione della nuova facciata, Jacopo della cappella del Santissimo Sacramento e Dionisio dell’apparato decorativo interno.[14]
La facciata, opera di Andrea Lazzari, è sormontata dal campaniletto a vela con orologio in maioliche. Un secondo campanile, gotico, è situato nei pressi dell’abside, sul lato destro, mentre lungo la fiancata sinistra si apre l’antico portale laterale gotico, con lunetta affrescata raffigurante l’Annunciazione.
L’interno del santuario è a navata unica, ed è dominato dalla tinta celeste delle pareti, con elementi decorativi in stucco in colore bianco. Lungo la navata, che è coperta dalle volte a crociera gotiche originarie, vi sono due altari marmorei, ciascuno dei quali è sormontato da una pala di Luca Giordano: a sinistra l’Adorazione dei Pastori, a destra Gesù crocifisso. L’aula termina con l’abside rettangolare, all’interno della quale si trova il pregevole coro ligneo di Colangelo Vinaccia; la parete di fondo è interamente occupata dal polittico di Andrea Sabatini da Salerno, risalente al 1521. L’altare maggiore e la balaustra del presbiterio in marmi policromi, nonché le cantorie in finto marmo, la cassa dell’antico organo a canne, posto sulla cantoria di sinistra,restaurato e riposto dopo circa 70 anni di mancanza dopo l’accurato restauro operato dal maestro Alessandro Girotto, che ha ricostruito pure la cassa del lato destro e il Crocifisso, sono opera di Dionisio Lazzari. L’organo a canne venne costruito da Giuseppe de Martino alla fine del XVII secolo e venne probabilmente suonato anche da Alessandro Scarlatti.[15]
Alle spalle del santuario, con portale su via dell’Annunziata, vi è la Cappella dell’Immacolata Concezione o “Cappella d’Oro”, detta così perché ha la volta a botte costituita da cassettoni di legno intagliati e dorati, che ha alle pareti 19 tele raffiguranti scene della vita di Gesù e della Madonna, opere di Criscuolo, lo stesso che ha fatto i santi del polittico fondale insieme a Scipione Pulzone che si è occupato dell’Immacolata, che si trova al centro di esso. Dal 25 marzo 2009, la chiesa della Santissima Annunziata è stata elevata a santuario gemellato con il santuario di Nostra Signora di Lourdes, perché il Dogma cattolico dell’Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, era stato meditato dal papa nella sua permanenza forzata in Gaeta durante le ore passate in meditazione a pregare davanti al quadro della Madonna presente all’interno della “Cappella d’Oro”. Anche papa Giovanni Paolo II il 25 giugno 1989 in occasione della visita alla città di Gaeta volle pregare nella Grotta d’Oro.[16]
Ad oggi, insieme alla Chiesa di Santa Maria della Sorresca, rientra nei beni dell’IPAB “Stabilimento della SS. Annunziata ed annessi”. All’interno dell’IPAB è ospitato l’archivio storico che conserva importanti documenti che fotografano l’attività assistenziale svolta dalla SS. Annunziata nei 700 anni della sua esistenza, come pure documenti diplomatici, atti amministrativi e testamenti, tra cui gli Statuta Privilegia et Consuetudinis Civitatis Caietae (XVI sec.).
Tempio di San Francesco
In luogo dell’attuale chiesa dedicata a san Francesco d’Assisi, lo stesso santo dedicatario fondò, nel 1222, una chiesa, presso dove dimorava durante la sua permanenza a Gaeta. Questa venne ricostruita in stile gotico per volere di Carlo II d’Angiò, con struttura di carattere monumentale, nel XIV secolo e, nel XIX secolo, Ferdinando II delle Due Sicilie affidò a Giacomo Guarinelli un radicale restauro dell’edificio, durante il quale vennero sovrapposte alla struttura trecentesca decorazioni neogotiche.[17]
Il sagrato è preceduto da una grande scalinata, al centro della quale si trova la statua della Religione con in mano la croce, opera di Luigi Persico. La slanciata facciata neogotica ha un bel portale strombato ed un grande rosone; è decorato dalle sculture marmoree raffiguranti i due sovrani che vollero la costruzione e la ricostruzione della chiesa e del santo dedicatario. L’interno a tre navate, dominato dal colore giallo dei muri, è illuminato da grandi finestre con vetrate policrome. Nell’abside poligonale, dominata dalla statua del Redentore, si trova l’altar maggiore in stile neogotico, realizzato in stucco dipinto a finto marmo; in fondo a ciascuna delle due navate laterali, vi è un altare in marmi policromi.[18]
Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo[modifica | modifica wikitesto]
Situata nell’omonimo quartiere, originariamente abitato prevalentemente da pescatori, è anche detta degli Scalzi poiché era anticamente tenuta dai frati agostiniani scalzi.
La chiesa venne costruita su progetto di Dionisio Lazzari nel XVII secolo ed è in stile barocco. Il suo interno, dominato dal colore celeste delle pareti, è a navata unica con cappelle laterali; alle spalle del pregevole altare maggiore in marmi policromi, all’interno di una nicchia con elaborata cornice marmorea, vi è la venerata statua processionale della Madonna di Porto Salvo; annesso alla chiesa è l’oratorio detto della Congrega dei Pescatori, con pavimento in maioliche policrome, altare marmoreo e decorazione in stucco sulle pareti e sulla volta.[19]
Sulla chiesa insiste la parrocchia dei Santi Cosma e Damiano, che prende il nome dalla vicina chiesa, gravemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e successivamente restaurata senza però ricostruire le campate distrutte.[20]
Chiesa di San Giacomo
La chiesa di San Giacomo è situata lungo via dell’Indipendenza, nel quartiere di Porto Salvo. Venne costruita tra il 1517 e il 1605 in stile barocco, con unica navata con cappelle laterali, e successivamente rimaneggiata. I lavori più importanti furono quelli del 1965, quando vennero demolite la facciata e la parete di fondo dell’abside, e in stile moderno si provvedette a ricostruire il prospetto e a realizzare una nuova abside a pianta quadrangolare, quest’ultima collegata alla navata tramite quella antica.[21]
All’interno della chiesa, è custodito l’antico altare maggiore barocco proveniente dalla ex chiesa di Santa Caterina d’Alessandria e ivi trasferito nel XIX secolo; la sua pala, fino al 1993 al centro dell’ancona e attualmente sulla parete di destra dell’antica abside, raffigura una Sacra Conversazione ed è opera di Santillo Sannini (1695).[21]
Santuario della Santissima Trinità[modifica | modifica wikitesto]
Il Santuario della Santissima Trinità, anche detto della Montagna Spaccata, è situato sulla fiancata occidentale del Monte Orlando, prospiciente Serapo.
Fu edificato nell’XI secolo, sorge su una fenditura nella roccia che giunge fin nella grotta del Turco, creatasi, secondo la leggenda, al tempo della morte di Cristo, quando si squarciò il velo del tempio di Gerusalemme. Nel 1434 dall’alto dei due costoni di roccia si staccò un macigno che andò ad incastrarsi più in basso tra le pareti della fenditura, al di sopra dell’ingresso sul mare della grotta; Su di esso, nel XVI secolo, venne realizzata una cappella, raggiungibile tramite una scalinata che porta nelle viscere della montagna; lungo di essa, che percorre la stretta spaccatura di roccia, è possibile notare sulla parete di destra un distico latino con a fianco la cosiddetta mano del Turco, la forma di una mano (le cinque dita nella roccia) che, secondo la leggenda, si sarebbe formata nel momento in cui un “miscredente” marinaio turco, che non credeva, cioè, alla storia che gli era stata raccontata sulla causa della spaccatura nella roccia, si era appoggiato alla roccia che miracolosamente divenne morbida sotto la sua pressione formando l’impronta della mano.
La chiesa, in stile barocco, si articola in un’unica navata con volta a botte lunettata e diverse cappelle laterali; l’abside quadrangolare ospita l’altare maggiore novecentesco, sormontato dalla tela di Raimondo Bruno Sant’Erasmo e la Madonna affidano Gaeta alla protezione della Santissima Trinità (1850 circa).
Qui pregarono numerosi pontefici, tra cui Pio IX, sovrani, vescovi e santi, tra cui Bernardino da Siena, Ignazio di Loyola, Leonardo da Porto Maurizio, San Paolo della Croce, Gaspare del Bufalo e San Filippo Neri. La leggenda vuole che San Filippo Neri avesse vissuto all’interno della Montagna Spaccata dove esiste un giaciglio in pietra nota ancora oggi come “Il letto di San Filippo Neri”. Il santuario è sede dei missionari del P.I.M.E.
Chiesa della Santissima Addolorata
La chiesa della Santissima Addolorata sorge lungo via Annunziata, sul lato opposto rispetto allo Stabilimento della Santissima Annunziata. Essa è la cappella dell’annesso convento delle Suore crocifisse adoratrici dell’Eucaristia, già delle Mantellate serve di Maria che, nel XIX secolo, vi avevano stabilito un collegio per ragazze nobili.
La chiesa, costruita nel XIV secolo e originariamente dedicata a San Gregorio Magno, venne radicalmente restaurata tra il 1853 e il 1855 in stile neogotico da Ferdinando Travaglini, che anche progettò la facciata neoclassica, con ripida rampa di scale che collega la strada alla navata, posta quest’ultima ad un livello superiore.
L’interno è costituito da un’unica navata con due campate con volta a crociera decorata con stucchi raffiguranti le Litanie lauretane; nella seconda campata si aprono a sinistra la cappella dedicata a san Filippo Benizi, con statua lignea policroma del santo, a destra una finestra con grata, dalla quale la famiglia reale seguiva le celebrazioni. Nella parete di fondo dell’abside si apre una triplice nicchia con arco a sesto acuto, all’interno della quale vi è un gruppo scultoreo con al centro la statua della Madonna Addolorata (XIX secolo).
Chiesa di Santa Maria della Sorresca
La chiesa di Santa Maria della Sorresca prende il nome dall’evento miracoloso in virtù del quale venne costruito l’edificio religioso: il 16 aprile 1513, infatti, un’immagine raffigurante la Madonna col Bambino posta nei pressi dei depositi di sorra (derivato della lavorazione del tonno) della famiglia Albito, operò un miracolo.[22]
L’attuale chiesa venne costruita in forme barocche, forse su progetto di Andrea Lazzari, tra il 1617 e il 1635; venne arricchita con la realizzazione della cantoria, dell’altare maggiore e del confessionale, opere di Dionisio Lazzari e, alla fine del secolo successivo, di due altari laterali progettati da Pietro Paolo Ferrara. La chiesa, chiusa al culto nel 1966, da allora, pur non essendo mai stata sconsacrata, è sede di saltuarie manifestazioni culturali.[22]
L’esterno è caratterizzato dalla facciata, realizzata nel 1855 (originariamente la chiesa era sprovvista di un ingresso monumentale) probabilmente su progetto di Ferdinando Travaglini, con ripida scalinata d’accesso. L’interno, in stile barocco, è ottagonale, coperto con cupola.[22]
Chiesa di San Giovanni a Mare
La chiesa di San Giovanni a Mare è situata nei pressi della cattedrale, prospiciente il mare.
L’edificio venne edificato nel X secolo dal duca di Gaeta Giovanni IV e ricostruito in seguito al terremoto del 1213; arricchito con decorazioni barocche, queste sono state demolite nella prima metà del XX secolo. L’edificio presenta come caratteristiche la cupola in stile arabo e il pavimento leggermente inclinato per permettere il defluire delle acque del mare nei periodi di alta marea essendo stata eretta nelle vicinanze del mare, all’esterno della cinta muraria, parzialmente demolita agli inizi degli anni sessanta. L’interno è a tre navate e a croce latina; sono visibili alcuni lacerti superstiti dell’apparato decorativo a fresco dei secoli XIII e XIV, che ornava le pareti, le volte e le absidi. L’altare maggiore è stato composto nel 1928 riutilizzando come paliotto la lastra di un sarcofago romano.[23]
Chiesa di San Domenico
Attualmente officiata solo in occasione della memoria del santo patrono (8 agosto), venne costruita nel XIV secolo insieme all’annesso convento dell’Ordine dei frati predicatori, che venne soppresso nel 1809. Gli arredi barocchi della chiesa, nel XIX secolo, vennero furono in altre chiese della diocesi e l’edificio venne privato di tutte le decorazioni barocche con dei restauri nei primi anni del XX secolo. La chiesa si presenta a due navate, una maggiore ed una più piccola, a destra. Priva di qualsivoglia decorazione, al centro dell’abside vi è il semplice altare maggiore in pietra. Annesso al luogo di culto è l’ampio edificio dell’ex convento, con chiostro quadrangolare, dominato dalla torre campanaria del XII secolo, unico elemento superstite della precedente chiesa di Santa Maria della Maina.[24]
Altre chiese[modifica | modifica wikitesto]
Situata nei pressi della chiesa di San Domenico, venne costruita nel XIV secolo come chiesa annessa al monastero delle monache benedettine; venne restaurata internamente agli inizi del XVIII secolo in stile barocco da Domenico Antonio Vaccaro, mentre l’aspetto neoclassico dell’esterno risale ai lavori del 1852, condotti da Ferdinando Travaglini.[25] L’edificio, esternamente con facciata a capanna nella quale si aprono l’unico portale e il rosone circolare, è a navata con volte a crociera, caratterizzata dalla presenza di un’ampia cantoria sopra l’ingresso; le modanature barocche in stucco delle pareti e della volta, sottolineano la sottostante struttura gotica, rimasta inalterata. A ridosso della parete di fondo, l’altare maggiore in marmi policromi.[25]
È la cappella maggiore del cimitero comunale, situato nel quartiere Serapo, alle pendici della collina della Catena.[26] Costruita tra il 1850 e il 1854, è in un sobrio stile neoclassico, influenzato dall’architettura tardobarocca. L’edificio è inserito nel complesso di strutture che costituiscono l’ingresso monumentale del camposanto, tra cui il sacrario dei garibaldini, cripta situata al di sotto del sagrato. L’interno, dominato dall’alternanza dei colori bianco e celeste delle pareti, è a navata unica, terminante con un’abside quadrangolare coperta con volta a padiglione. Originariamente sull’altare maggiore in marmi policromi vi era una tela di pittore ignoto raffigurante la Madonna col Bambino, attualmente presso la pinacoteca del Centro Storico Culturale.[27]
- Chiesa dei Santi Carlo e Anna
Situata nel quartiere Piaja, lungo la strada per Formia, venne costruita in stile barocco nel XVII secolo e pesantemente rimaneggiata a partire dalla metà del XX secolo, così da perdere qualsiasi riferimento (ad eccezione della struttura) alle sue caratteristiche originarie. La chiesa, esternamente caratterizzata dal campaniletto a vela, internamente presenta un’unica navata coperta con volta a botte lunettata, con cappelle poco profonde senza altari, terminante con un’abside rettangolare.[28]
- Chiesa della Madonna della Catena
Situata nei pressi del tratto urbano della via Flacca, sulla sommità che domina Serapo sul lato opposto rispetto a Monte Orlando, nel luogo dove la tradizione religiosa vuole che sia comparsa la Madonna con il Bambino, con in mano una catena, simbolo del peccato da spezzare. La chiesa, costruita nel XVII secolo e ampliata nel XIX secolo e nel XX, è l’unica della città ad avere la pianta a croce greca; l’altare maggiore barocco proviene dalla chiesa di San Giovanni a Mare.[29]
- Chiesa di San Paolo Apostolo
Situata sulla piana di Montesecco, tra Serapo e il centro storico, venne costruita nel 1964 per volere dell’arcivescovo Lorenzo Gargiulo, che trova sepoltura nella chiesa. L’edificio, insieme a tutto il complesso parrocchiale, è in stile moderno e venne progettato da Antonio Petrilli e Pasquale Marabotto. La chiesa, a pianta quadrata, presenta un alto ambiente centrale circondato da un basso deambulatorio. Alla destra dell’altare, vi sono i resti dell’altare maggiore della demolita chiesa di San Biagio (rimane solo il tabernacolo, dopo che sono stati demoliti i due angeli che costituivano la base dell’altare laterale).[30]
- Santuario di San Nilo Abate
La chiesa, situata nella zona di Serapo, venne edificata a partire dal 1965 su progetto di Riccardo Morandi, secondo un’idea del parroco don Giuseppe Viola che volle rivisitare in chiave moderna le peculiarità delle antiche chiese gaetane. Consacrata nel 1999 ed elevata a santuario nel 2014,[31] è in stile moderno, con semplice struttura a tre navate.[32]
Cappelle rurali mariane[modifica | modifica wikitesto]
Nella campagna circostante la città vi sono alcune cappelle dedicate alla Madonna; esse sono caratterizzate dall’essere inserite all’interno di un complesso architettonico costituito dal luogo di culto (di modeste dimensioni), da un arcone in muratura che eventualmente passa al di sopra della strada antistante e, in alcuni casi, anche dall’annessa canonica.[33]
- Cappella della Madonna di Casalarga
La cappella si trova lungo via Sant’Agostino, tra l’incrocio con via del Colle (a est) e via Monte Ercole (a ovest), e ricade all’interno del territorio della parrocchia di San Carlo; è dedicata alla Madonna delle Grazie e ai santi Francesco d’Assisi e Silvestro papa.[34] Le prime notizie sul luogo di culto risalgono al luglio 1729 quando, dopo anni di abbandono, fu restaurata dal proprietario Francesco Spignese e riaperta al culto.[35] La facciata, sormontata da un campanile a vela, è introdotta da un arcone in cemento armato senza funzione portante, costruito nel 1955 e in parte deteriorato, al centro della cui volta vi è una stella a otto punte in rilievo; la cappella è costituita da un unico ambiente a pianta quadrangolare e coperto con volta a botte estradossata, con altare in marmo e stucco a ridosso della parete di fondo.[36]
- Cappella della Madonna del Colle
La cappella si trova lungo l’omonima strada, nel tratto tra via del Monte Tortona e il centro abitato di Gaeta, sulla sommità della collina dalla quale prende nome;[33] già esistente nel 1729 (quando venne citata per la prima volta in un documento), probabilmente fu edificata nel XVII secolo.[37] Il luogo di culto è inglobato all’interno dell’edificio della canonica ed introdotto da un ampio arcone, che si sviluppa lungo la sottostante via in due campate coperte con volta a vela; sul fianco sinistro dell’edificio, rivolto verso la città, trova luogo il campanile a vela. Internamente la cappella si articola in navata (a pianta quadrata, con volta a crociera) e abside(a pianta rettangolare, con volta a botte); in quest’ultima vi è l’altare in stucco, sormontato dall’effige dipinta della Madonna del Colle.[38]
- Cappella della Madonna di Conca
La cappella della Madonna di Conca, dedicata alla Madonna Bambina, si trova ai piedi del versante meridionale dell’omonimo colle, non lontano dalla costa. Venne edificata nel 1639 dalle monache benedettine della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria (Gaeta), sotto il cui patronato rimase fino alla soppressione del monastero (1809), per poi passare alla parrocchia di San Carlo; durante il suo esilio a Gaeta (1848–1849) amava sostarvi in preghiera papa Pio IX nel corso delle sue passeggiate pomeridiane.[39] La cappella è inglobata all’interno della canonica, sopra la quale svetta il campanile a vela; l’ingresso è posto al di sotto dell’arcone, lungo l’antica strada d’accesso alla città, nei pressi della confluenza settentrionale di quest’ultima nel lungomare Caboto. L’interno è costituito da una navata di due campate, con volta a crociera, che è illuminata da due coppie di oculi ovali, una ai lati della porta d’ingresso e l’altra nella parete di fondo. Sull’altare barocco in marmi policromi, affiancato dalle due colonne tuscaniche che reggevano la cantoria in controfacciata non più presente, vi è la tela di Madonna col Bambino fra i santi Erasmo, Bernardino da Siena, Filippo Neri, Francesco di Paola, Tommaso d’Aquino e Marciano, di Filippo Conca (XVIII secolo).[40]
- Cappella della Madonna di Longato
La cappella della Madonna di Longato (o di Casaregola)[41] sorge nell’omonima contrada, nel tratto occidentale di via Sant’Agostino.[42] L’edificio, citato in un documento del 1180 facente parte del Codex diplomaticus cajetanus, subì un sostanziale restauro nel 1832.[43] L’edificio sorge parallelo alla strada ed è caratterizzato da una struttura articolata, con un loggiato sul fianco destro e un’ampia terrazza al di sopra dell’arcone; quest’ultimo si apre verso l’esterno sul lato anteriore e su quello di sinistra, seguendo l’andamento originario della strada. All’interno della cappella, costituita da un unico ambiente voltato di modeste dimensioni, vi sono un dipinto raffigurante la Madonna che allatta Gesù Bambino (sull’altare in scagliola) e la statua lignea della Madonna col Bambino.[44]
Chiese sconsacrate
- Ex chiesa di Santa Lucia
La chiesa di Santa Maria in Pensulis venne costruita nel VII secolo; distrutta durante il terremoto del 1213, venne ricostruita con orientamento ruotato di 90° e con dimensioni più ampie, e dedicata a santa Lucia. Dal 1387 fu la “Cappella reale” dove si recavano a pregare, venendo dal castello, re Ladislao in compagnia della moglie, regina Costanza Chiaramonte, e della madre Margherita di Durazzo. Nel 1648 la chiesa venne restaurata: in tale occasioni, venne decorata con elementi barocchi, demoliti nel 1930, quando venne ricondotta ad un ipotetico stile vicino, ma più scarno, a quello originario. Nel 1966 la chiesa venne chiusa al culto e sconsacrata nel 1972.[45]
L’edificio è in stile gotico e presenta una pianta basilicale con tre navate, delle quali la centrale terminante con un’abside semicircolare, senza transetto. Internamente, nella prima campata della navata di destra, vi sono i resti dell’abside della chiesa di Santa Maria in Pensulis, con alcuni affreschi medioevali. Esternamente, sul fianco sinistro, lungo via Ladislao, si apre un portale laterale, con protiro.[45]
Si trova in vicolo Caetani, tra la cattedrale e il palazzo De Vio. Sorse tra l’VIII e il IX secolo e fu, nel medioevo, di proprietà dell’abbazia di Montecassino; dal 1671 al 1806 venne retta dagli scolopi, i quali avevano una loro scuola nell’attiguo edificio attualmente adibito a palazzo arcivescovile. La chiesa, sconsacrata nel 1814, venne in gran parte distrutta nel bombardamento della notte da l’8 e il 9 settembre 1943 e i suoi resti sono stati convertiti in spazio espositivo all’aperto. Permangono le sei colonne di spoglio che dividevano l’ambiente in tre navate ed è ancora visibile nella sua interezza la navata laterale destra, con tracce di affreschi medioevali.[46]
Situata nel centro storico, nei pressi del castello Angioino-Aragonese, venne fondata nel X secolo e ha acquisito la sua attuale conformazione nel corso dell’ampliamento medioevale dei secoli XIII–XIV. La struttura si compone di un’unica navata gotica articolata in due campate, terminante con un’abside poco profonda; le decorazioni e gli altari in stucco sono in stile barocco, mentre nella prima campata vi è un affresco quattrocentesco attribuito a Giovanni da Gaeta e raffigurante il santo titolare e un santo benedettino. L’avancorpo con cantoria risale alla fine del XIX secolo ed ha inglobato il precedente campanile a vela, non più visibile. La chiesa è priva di una facciata vera e propria e si accede al suo interno tramite due portali che si aprono lungo la fiancata sinistra, che dà su un piccolo slargo. Attualmente l’edificio è la sede locale del Consorzio universitario di economia industriale e manageriale (CUEIM).[47]
Si trova lungo via Angioina, non lontano dal tempio di San Francesco. Già esistente alla fine del XV secolo e originariamente dedicata a sant’Onofrio, tra il 1855 e il 1856 fu oggetto di un radicale intervento di restauro per volere di Ferdinando II delle Due Sicilie; utilizzata dai militari nel corso dell’assedio di Gaeta del 1860, venne sconsacrata lo stesso anno e cadde in abbandono. La struttura è caratterizzata da una fastosa decorazione neogotica sia esterna, sia interna. L’ambiente, al quale è affiancata la sacrestia, è costituito da un’unica navata di tre campate, coperta col volta a crociera, nel quale si trovavano tre altari marmorei ottocenteschi, rimossi dopo la chiusura al culto; sia nella facciata, sia nella parete di fondo si apre un rosone circolare.[48]
- Ex chiesa dei Santi Martiri Canadesi e del Beato Oliver Plunkett
Venne costruita agli inizi degli anni 1930 come luogo di culto della residenza estiva del Pontificio Collegio Irlandese, nei pressi del confine con il comune di Formia; fu consacrata il 19 ottobre 1932 dall’arcivescovo di Dublino Edward Joseph Byrne. Nella seconda metà del XX secolo, l’intero complesso venne convertito in struttura ricettiva e la chiesa, sconsacrata, adibita a ristorante. L’edificio conserva intatte le sue caratteristiche originarie; esternamente presenta un portico neoclassico a tre arcate in facciata. L’interno è costituito da un’unica aula terminante con un’ampia abside poligonale, le cui pareti sono decorate da affreschi monocromi con motivi allegorici e vegetali; al centro, il ciborio marmoreo, con elementi musivi.[49]
Si trova alla sommità della salita degli Albito, a monte della chiesa di Santa Maria della Sorresca; già presente nel X secolo, acquisì l’attuale conformazione gotica nel XIV secolo. Attualmente è adibita a giardino privato in seguito al crollo di gran parte della volta nel corso del bombardamento del settembre 1943. All’esterno è caratterizzata dalla torre campanaria, probabilmente del XIII secolo e riconvertita in abitazioni private, e dell’edicola mariana posta lungo la parete di destra e ricavata dall’antico portale laterale. L’interno presenta ancora, seppur in cattivo strato di conservazione, le decorazioni barocche del XVII–XVIII secolo in stucco e scagliola, quali cornici e altari.[50]
Architetture militari
- Castello Angioino-Aragonese
Architetture civili
- Palazzo de Vio
Il Palazzo de Vio fu costruito come vescovado dall’omonimo cardinale e arcivescovo di Gaeta nel Rinascimento. L’attuale facciata è opera di Federico Travaglini. All’interno ospita il Museo Diocesano, che raccoglie opere provenienti da chiese sconsacrate della città (come l’Incoronazione di Maria di Giovanni di Gaeta che era la pala d’altare di Santa Lucia), lo Stendardo di Lepanto, con raffigurati il Gesù in Croce e i Santi Pietro e Paolo ed Exultetmedioevali su pergamena.
- Palazzo Arcivescovile
Dietro la cattedrale si trova il palazzo Arcivescovile. Questo, originariamente, scuola degli Scolopi, ha una caratteristica loggia che dà sul mare.
- Palazzo comunale
Il palazzo comunale sorge in piazza XIX maggio, sul versante orientale dell’istmo di Montesecco. L’edificio venne edificato in luogo di uno precedente per volere di Pasquale Corbo, sindaco di Gaeta dal 1949 al 1964, ed è caratterizzato dal paramento murario esterno in travertino e laterizio. Alla sua destra, si eleva la torre civica, a pianta quadrangolare, sormontata dalla cella campanaria all’interno della quale è installato un concerto di campane che riproduce, all’inizio di ogni ora, il carillon del Big Ben di Londra.[51]
Altro
- Mausoleo di Lucio Munazio Planco, edificato nel 22 a.C., è in blocchi di pietra e domina su tutta la città. Al suo interno un corridoio circolare conduce alle quattro camere mortuarie.
- Mausoleo di Lucio Sempronio Atratino, posto sulla vetta dell’omonimo colle nella parte alta del quartiere Porto Salvo, è privato del rivestimento esterno in conci lapidei, utilizzati per costruire il basamento del campanile della cattedrale e la scalinata degli Scalzi.
- Stabilimento della S.S. Annunziata, nato in occasione del Giubileo del 1300 anche per l’accoglienza dei pellegrini, ha la sua lunga facciata su via dell’Annunziata. All’interno si trovano due cortili (quello barocco e quello catalano). Vi è annessa la Cappella dell’Immacolata Concezione detta “Cappella d’Oro”
- Ex Caserma Cosenz, edificio ottocentesco che si affaccia su via dell’Annunziata e che ospita mostre temporanee.
- Monastero di Santo Spirito di Zannone
Aree naturali
- Parco regionale urbano Monte Orlando;
- Parco regionale Riviera di Ulisse, ubicato nel lembo meridionale della Regione Lazio, si estende lungo la costa del golfo di Gaeta e comprende i territori delle aree protette ricadenti nei comuni di Gaeta, Formia, Minturno e Sperlonga
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